Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io umilmente, a modo mio, ho fatto lo stesso. (Luis Sepulveda)

giovedì 29 giugno 2017

Anello Camporosso–Sella Nevea–Lago di Predil-Tarvisio (Friuli VG, 17/06/2017)

Camporosso (816 m) - Ciclovia Alpe Adria fino a Chiusaforte (391 m) - Sella Nevea (1190 m) - Lago di Predil – Tarvisio (732) - Camporosso

77 km - 884 metri di dislivello, in mountain bike, su asfalto


Di fianco al parcheggio della funivia di Camporosso (dove abbiamo posteggiato il camper), passa la bellissima Ciclovia dell'Alpe Adria - realizzata sul percorso di una vecchia ferrovia, ormai dismessa - molto comoda e sicura per raggiungere i vari paesi della Val Canale e del Canal del Ferro, ma anche i confini di Austria e Slovenia; a dirla tutta, parte da Salisburgo e termina a Grado, dopo circa 400 km, ma, adesso, ci interessa solo il tracciato tarvisiano.Visto che la nostra meta odierna è la Sella Nevea e che la località da cui inizia la salita (Chiusaforte), si trova lungo il percorso della ciclovia, per arrivare lì, non c'è niente di meglio che approfittare di questa splendida opportunità. La pista ciclabile è quasi tutta in sede protetta, asfaltata, a due corsie, e attraversa un paesaggio meraviglioso, fatto di montagne e foreste millenarie. A Pontebba, si deve necessariamente pedalare su strade ordinarie, poco trafficate, e passare dal centro del paese, dove una capillare segnaletica ci consente di procedere verso il successivo troncone della pista. in direzione Dogna e Chiusaforte. L'unica difficoltà sta nel superare una breve, ripidissima rampa, nei presssi di Pietratagliata, e una scala in cemento e legno, spingendo la bici lungo una canaletta che ne facilita la risalita. Per il resto, fino a Chiusaforte, la strada è tutta in lieve discesa. Pedaliamo su vari ponti in pietra o acciaio, anche sospesi a 40 metri nel vuoto, sopra il Fella - il fiume a carattere torrentizio che ci fa compagnia da Malborghetto - ed all'interno di fresche gallerie illluminate. Davvero tutto molto suggestivo e gradevole. 

Alla ex stazione ferroviaria di Chiusaforte c'è un'area di ristoro. Siamo al 33° km. A questo punto, abbandoniamo la ciclabile, che prosegue verso Resiutta, mentre noi, dopo aver attraversato i binari della ex ferrovia, entriamo in paese e svoltiamo, prima, a sinistra e, poi, a destra, in direzione di Tarvisio, andando ad incrociare la statale 13, che attraversiamo grazie ad un semaforo. Ci immettiamo, quindi, sulla SP76, che, in 17,8 km e circa 800 metri di dislivello, ci condurrrà alla Sella Nevea (1190 m slm). La strada corre fiancheggiando il torrente Raccolana, dalle acque limpide e cristalline, che dà il nome all'omonima valle, stretta tra le pareti del Monte Canin, a destra, e del Montasio, a sinistra. I primi 11 km sono dolcissimi, ma, in seguito, s'incontra un segmento che s'impenna al 12% (segnalato). Negli ultimi 6 km, invece, si alternano blande pendenze ad altre più impegnative, ma sempre sotto l'8-9%. Praticamente, il dislivello degli ultimi 6 km (532 metri) è pari al doppio di quello dei primi 11, dove le pendenze rimangono tra il 2 e il 3%. Il tratto più impervio inizia poco dopo una spettacolare cascata, che si getta da un alto precipizio, in località Fontanon, ma, nel complesso, è una salita facile, da gustare più per la bellezza dell'ambiente naturale in cui è inserita piuttosto che per la sua tecnicità. Lungo il percorso incontriamo diverse, brevi gallerie, che non danno preoccupazione, se non per il fatto che si trovano in corrispondenza di alcuni tornanti. Per sicurezza, teniamo acceso sia il faretto posteriore che quello anteriore, anche perchè oggi è sabato e la strada è battuta dai motociclisti, che ci arrivano alle spalle in un battibaleno. 

Il cartello segnaletico con la scritta Sella Nevea lo troviamo già circa 2 km prima dello scollinamento, così da trarci in inganno e farci pensare di essere arrivati, mentre la salita non è ancora finita e continua fino agli impianti da sci. Probabilmente d'inverno, quassù, è pieno di gente e di vita, ma adesso è tutto molto tranquillo. C'è un solo bar aperto e qualche avventore seduto ai tavolini esterni, che si sta crogiolando al sole. Intorno al km 52, iniziamo a scendere, non proprio regolarmente, però. Infatti c'è sempre da pedalare, ma, piano piano, perdiamo quota e, dopo pochi chilometri, giungiamo al bel Lago di Predil, dalle acque blu cobalto, chiazzate, qua e là, di verde smeraldo, dove facciamo una sosta, sulla sua riva, per rifocillarci. Da qui si può vedere la strada che sale verso il Passo di Predil ed il confine sloveno, distante giusto una manciatina di chilometri. Ma il nostro break è di breve durata: di lì a poco, infatti, si alza un forte e fastidioso vento, che ci fa scappare velocemente e ritornare in sella, costringendoci a pestare sui pedali pure in discesa. La strada, comunque, è ampia e poco trafficata, per cui il rientro sulla statale 54 si rivela piacevole. A Tarvisio, ci reimmettiamo, infine, sulla Ciclabile dell'Alpe Adria, il cui ingresso si trova alle spalle della chiesa, e, dopo 5 km, terminiamo il nostro anello, arrivando al punto di partenza. Il meteo è stato benevolo, regalandoci una bella giornata di sole, non particolarmente calda e per nulla afosa, grazie anche al venticello che, più o meno intensamente, ci ha accompagnato per tutto l'itinerario.








martedì 27 giugno 2017

12/06/2017: Maniago-Val Colvera-Pala Barzana-Valcellina–lago di Barcis-Piancavallo–Maniago (Friuli VG)

78 km - 1786 metri di dislivello, in mtb, su asfalto


Come siamo finiti a Maniago, in Friuli Venezia Giulia, è presto detto: cercando un'area camper in Valcellina, ne ho trovata una attrezzata proprio lì, gratuita, con camper service e colonnina per l'allaccio alla corrente elettrica. Incredibile, ma vero! Da amante degli orridi e delle forre, da tempo desideravo vedere quella scavata, nel corso di milioni di anni, dal torrente Cellina. Ed ora ci siamo, quasi. Scaricate le nostre mountain bikes, partiamo subito in salita verso la Val Colvera. Il cielo si sta annuvolando, ma non minaccia pioggia; il caldo, però, è già soffocante. Nei pressi della prima galleria, deviamo a destra, immettendoci nella vecchia strada, ormai dismessa, che corre stretta tra alte pareti rocciose, lungo il torrente Colvera, in un ambiente naturale selvaggio e lussureggiante. 

Dopo qualche minuto, attraversiamo il piccolo corso d'acqua per mezzo di un ponticello e ci ritroviamo nuovamente sulla strada principale, all'imbocco di una seconda galleria, vietata alle bici; un sentiero e una passerella in ferro ci consentono di sovrapassarla e, grazie ad una stradina un po' sconnessa, di aggirarla, riportandoci, più avanti, alla fine del tunnel. Saliamo, quindi, dolcemente per 6 km, fino a Poffabro, uno dei Borghi più belli d'Italia; ci addentriamo nei suoi vicoli lastricati, su cui si affacciano antiche case rurali in pietra a tre o quattro piani, con caratteristici ballatoi in legno, dopodiché continuiamo la nostra ascesa verso la Forcella Pala Barzana (842 metri s.l.m.) per altri 9 km. Le pendenze non sono mai cattive, così da permetterci di ammirare i bellissimi paesaggi delle Dolomiti Friulane. 

Peccato per la foschia, che non consente allo sguardo di spaziare su orizzonti più lontani, soprattutto una volta iniziata la discesa, quando il panorama si allarga: quello che potrebbe offrire, possiamo solo immaginarlo. Eh, ma qui ci torno, sicuro che ci torno! Magari in una giornata limpida di novembre. Con le tinte esplosive dell'autunno dev'essere uno spettacolo! Nel frattempo, giungiamo ad un incrocio; lasciamo alla nostra destra la strada che sale al paesino di Andreis e scendiamo ancora, andando a  confluire nella SR 251, della quale percorriamo soltanto un breve tratto. Infatti, ci rendiamo conto di aver sbagliato strada, perchè, quella che interessa a noi, la vediamo qualche metro più in basso. Evidentemente ci è sfuggito un bivio. Subito dopo una galleria di 250 metri, notiamo, però, sul lato opposto della carreggiata, un viottolo che, per fortuna, va a congiungersi con la vecchia strada della Valcellina che stavamo cercando. 

Anch'essa dismessa, è aperta ai pedoni (lo scopriremo sul posto), nel mese di giugno, purtroppo, soltanto durante il fine settimana, mentre, nei mesi di luglio ed agosto, tutti i giorni. Ed oggi è lunedì, 12 giugno. Che jella! Mi sarebbe tanto piaciuto percorrere questa suggestiva strada storica, lunga circa 10 km, che passa sopraelevata su una spettacolare forra. Ho letto da qualche parte che alcuni tratti sono stati scavati nella roccia ed altri, addirittura, realizzati con delle sporgenze proprio sullo strapiombo. Non possiamo far altro che proseguire dritto, verso il lago di Barcis (403 m slm), non prima, però, di aver fatto qualche scatto a quel poco che si riesce a vedere dell'orrido della Molassa. Ah, ma torneremo anche qui, promesso! Per raggiungere il lago, a questo punto, dobbiamo salire ancora un po' e, poi, scendere. Decidiamo, quindi, di pedalare sulla sponda meridionale del bacino artificiale, fino all'imbocco della salita di Piancavallo. Per accedervi, passiamo sopra il muro della diga (dal quale, tra l'altro, abbiamo, alla nostra sinistra, una vista mozzafiato sull'inizio della forra del Cellina) - la cui viabilità è regolata da un semaforo - e lungo un'angusta galleria. Superiamo momentaneamente il bivio per Piancavallo e andiamo alla ricerca di un posticino dove mangiare con calma i nostri panini; lo troviamo poco dopo, attraversando il bel lago dai riflessi turchesi, nel punto in cui le due sponde sono meno distanti tra loro, su di una passerella in legno, sostenuta da cavi in acciaio, accessibile anche alle auto. Una volta rifocillati, siamo pronti ad affrontare i 15,3 km di salita verso la località sciistica di Piancavallo (1267 m slm) ed i suoi 864 metri di dislivello. La brutta notizia è che siamo a corto d'acqua: solo a Poffabro abbiamo avuto la possibilità di riempire le borracce e ormai siamo agli sgoccioli. 

Nel frattempo il meteo è cambiato. Adesso il cielo non è più nuvoloso come prima ed il sole picchia, feroce, sulle nostre teste. Ci sono 30° C ed un'umidità che si può tagliare col coltello. Avanziamo con molta fatica nella rigogliosa Val Caltea, lungo la Strada turistica del Pian delle More: le pendenze, durante i primi 6 km, sono impietose, con lunghi rettilinei dove le pendenze si mantengono costantemente tra il 10 e il 12%. Seppur tra un rettilineo e l'altro si possa tirare un po' il fiato, il caldo, la mancanza d'acqua e le scarse zone d'ombra ci fanno soffrire abbastanza. Centelliniamo quelle poche gocce rimasteci: saranno la nostra salvezza, in quanto non troveremo alcuna fontanella fino a 10 km dalla conclusione del nostro giro. Ma questo lo scopriremo solo strada facendo. Una volta scollinato, ci fiondiamo nell'unico bar aperto, dove Marco si scola, tutta d'un fiato, una birra gelata mentre io mi butto su una specie di ghiacciolo a cui non do il tempo di sciogliersi. 

La discesa verso Aviano è molto panoramica e noi ci godiamo tutti i suoi 14 km: il Giro d'Italia è appena passato di qua, regalandoci un manto d'asfalto rinnovato. Evviva! Al termine dell'odierno anello ciclistico mancano ancora una ventina di chilometri da percorrere sulla pedemontana, di cui una dozzina vallonati, su strade provinciali e statali, ma devo dire che l'intensità del traffico da queste parti, paragonata a quella dei luoghi in cui vivo io, è davvero ridicola. Pertanto, pedaliamo, tutto sommato, in tranquillità e sicurezza. Ho così la possibilità di ripensare alle ore appena trascorse. Nonostante il caldo umido ed i panorami celati dietro un velo di foschia, devo ammettere che l'itinerario odierno non è stato, per la gran varietà dei paesaggi, assolutamente monotono: il susseguirsi di valli, montagne, boschi, forre, torrenti, borghi antichi, ecc., ha reso piacevole lo scorrere del tempo e dei chilometri. Per non parlare del lago di Barcis, le cui sponde, accarezzate da una lieve brezza, sono un invito alla sosta e al relax. Piccoli paradisi ancora intatti e straordinariamente belli, lontani dal caos e dal turbinio della vita moderna, da vivere a piedi o in bicicletta, in armonia con la natura.